Alberto Sordi, villa romana diventerà museo. Verdone: “Diventò rocca in cui rinchiudersi”

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A breve le stanze della villa dove visse il grande attore romano Alberto Sordi, assieme alla sorella Aurelia, potranno essere visitate. Se Alberto non fosse morto, oggi avrebbe compiuto 95 anni. Nella villa alle Terme di Caracalla risiedette dal 1958 al 24 febbraio 2003, giorno del suo decesso.

Proprio oggi, 15 giugno, giorno in cui Sordi avrebbe spento 95 candeline, sono state aperte alla stampa le porte della splendida magione romana di ‘Albertone’. Presenti anche Carlo Verdone, figlio d’arte di Sordi, e il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini.

Non si sa ancora quando verrà aperta al pubblico la villa di Alberto Sordi ma è certo che diventerà un museo, ovvero un luogo che permetta ai visitatori di osservare il luogo dove il grande attore romano visse gran parte della sua esistenza. Una grande occasione per far ricordare a tutti che Alberto è parte della cultura italiana.

E’ veramente faraonica la villa appartenuta ad Alberto Sordi che, tra poco diventerà un museo. Gli spettatori potranno osservare, tra l’altro, un teatro vero e proprio, una sala da barbiere, e dipinti del ‘600 e ‘700. Tutti a Roma sapevano che ‘Albertone’ viveva lì ma nessuno ha mai provato a violare la sua privacy. Tutti lo rispettavano.

L’allievo di Sordi, Carlo Verdone, affermò riguardo alla villa: “Prima del ’72 era frequentata. Sergio Amidei, Sonego, Piero Piccioni, Fellini, la Masina, Monica Vitti, Franca Valeri: c’erano cene, incontri, proiezioni, sono stati invitati tutti i sindaci di Roma, tanti cardinali. Anche Walter Matthau e Jack Lemmon ci sono stati. Ma in quell’anno morì Savina, la sorella più grande, e da allora fine delle serate. La casa per Alberto diventò una rocca in cui rinchiudersi e isolarsi. Del resto, come tutti i grandi comici aveva un suo lato malinconico, e capisco anche il bisogno di silenzio per uno che per lavoro passa il tempo in mezzo alle cagnare. Io la sua casa la conoscevo solo in parte, il documentario è stata un’occasione per scoperte continue. Il teatro, per esempio, non sapevo nemmeno che ci fosse: una grande platea, un palco, la buca per il suggeritore, poltrone, luci, due proiettori. Ho scoperto la barberia: grande specchio, luci, poltrona da barbiere. E poi il roseto, la cucina immensa come quella di un hotel. La stanza in cui passava più tempo era lo studio. C’è la poltrona su cui, dopo la pennichella, leggeva i copioni. Mi ha raccontato Arturo, l’autista, che si precipitava nello studio ogni volta che sentiva un botto. Erano i copioni che Alberto buttava a terra: ‘Prendili, daje foco’, gli diceva. Serrande sempre abbassate e rigore: quella casa è il segno di quanto Sordi privato fosse diverso dall’immagine pubblica. Anche se, mi ha raccontato Pierina, la vecchia governante, la penombra era dovuta ai consigli dell’antiquario Apolloni, suo amico e insegnante d’arte. Gli aveva venduto molti degli arredi e dei quadri e diceva che per conservarli bene dovevano avere poca luce. Grandi quadri del Seicento e del Settecento, l’unico moderno è un De Chirico. Neppure una foto con le attrici, una sola di Soraya, con dedica. E poi immagini religiose, Giovanni Paolo II, crocifissi e tante Madonne. In giardino ce n’è una in una nicchia. Ogni mattina le portava una rosa, recitava una preghiera, poi andava a lavorare. La stanza da letto è la più spartana: il letto, una vecchia radio, niente televisore”.