Delitto di Garlasco, motivazioni Cassazione: “Alberto Stasi agì con dolo d’impeto”

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Omicidio Garlasco, Cassazione deposita motivazioni

La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della decisione con cui, l’anno scorso, ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione per il bocconiano Alberto Stasi, ritenuto colpevole dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Secondo i magistrati della Suprema Corte “ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d’insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi oltre ogni ragionevole dubbio. Alberto Stasi, nell’uccidere la fidanzata Chiara Poggi, agì con dolo d’impeto e senza alcuna programmazione preventiva: la sua condotta va inquadrata come risposta immediata o quasi immediata ad uno stimolo esterno”. 

Sono arrivate, dunque, le motivazioni della condanna di Alberto Stasi. Il legale di quest’ultimo, Angelo Giarda, si lamentò per il ritardo delle motivazioni, affermando che il suo assistito si trovava in prigione da 4 mesi senza sapere il motivo. Giarda sbottò durante un’intervista rilasciata al Giorno:

“Quattro mesi di attesa senza avere le motivazioni della sentenza. Inspiegabile. C’è un cittadino della Repubblica italiana in carcere da quattro mesi. Ci siamo noi, suoi difensori, bloccati. Dal momento che non sappiamo come si sono mossi i giudici della Cassazione, non possiamo fare le nostre contromosse. Non esiste un ritardo quando si tratta della vita di un uomo. Le motivazioni vanno depositate il giorno dopo. per il momento non sappiamo che itinerario ha seguito la Cassazione per arrivare alla sentenza, e quindi non sappiamo come controbattere… Mi chiedo, se erano così sicuri nel condannare Stasi, perché ritardano nel motivare la condanna? C’è di mezzo la vita umana, non si deve aspettare troppo”.

Alberto Stasi si trova nel carcere di Bollate dallo scorso 12 dicembre, quando la Cassazione confermò la condanna emessa in Appello a 16 anni di reclusione. Il bocconiano si è sempre detto innocente, estraneo a una vicenda dai contorni, ancora oggi, non definiti bene. Alberto ha sottolineato dalle carte processuali emergeva chiaramente la sua innocenza, eppure i giudici lo hanno condannato. Il 33enne, senza remore, si è definito come Sacco e Vanzetti e Tortora, ovvero un soggetto condannato ingiustamente. Chissà?