Giulio Caria condannato a 30 anni di reclusione: uccise compagna e nascose corpo nel freezer

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Uccise compagna e nascose corpo nel congelatore: condannato

Uccise la convivente e nascose il corpo in un freezer. La crudeltà inaudita di Giulio Caria è stata riconosciuta anche dai giudici della Corte d’assise d’appello di Bologna, che hanno confermato i 30 anni di reclusione inflitti dal giudice di primo grado

 

 

 

Silvia Caramazza voleva lasciarlo

Giulio Caria, muratore 37enne, trucidò la convivente, Silvia Caramazza, tre anni fa, a giugno. La donna, una commercialista appartenente a una famiglia molto conosciuta e benestante, voleva lasciarlo. Giulio non accettava la fine della relazione e, accecato dall’ira, prese un corpo contundente ed iniziò a colpire la la 39enne fino ad ucciderla; poi occultò il cadavere in un congelatore. La macabra scoperta venne fatta solo una ventina di giorni dopo nella casa dove viveva la coppia, in viale Aldini. Caria però non era in casa, si era trasferito nel suo paese di origine, in Sardegna.

La Polizia iniziò ad indagare sulla scomparsa di Silvia dopo la segnalazione di due amiche che non avevano ottenuto informazioni esaustive sul suo conto da parte di Giulio. Dopo aver divelto la porta dell’appartamento nel pieno centro di Bologna, gli agenti fecero il macabro ritrovamento: il corpo esanime della Caramazza si trovava in posizione fetale in un sacco di plastica. Caria, che si è sempre detto estraneo alla vicenda, si trova attualmente nel carcere di Pesaro. Nei giorni scorsi aveva chiesto il differimento del processo d’appello per ragioni di salute. In realtà l’uomo avrebbe voluto differire il processo per far scadere i termini della custodia cautelare in carcere.

Voleva vivere agiatamente

Il 37enne è stato, dunque, condannato anche in Appello per omicidio volontario aggravato. Secondo l’accusa, Caria colpì per sette volte la compagna con un corpo contundente, fino ad arrivare a romperle il cranio. L’uomo non voleva perdere l’occasione di sistemarsi, di vivere agiatamente, visto che, come detto, Silvia faceva parte di una famiglia abbiente.