Come curare la dislessia? Con piccole scosse

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Curare dislessia con stimolazione cerebrale elettrica

L’ospedale ‘Bambino Gesù’ di Roma si conferma ancora una volta come un’eccellenza della sanità italiana e mondiale. Alcuni ricercatori di tale nosocomio hanno fatto una scoperta interessante nel campo della dislessia

 

 

 

 

 

Lo studio è decisamente originale perché si fonda sulla stimolazione cerebrale elettrica per combattere la dislessia, disturbo che affligge molti minori nel mondo. In soldoni, i ricercatori del ‘Bambino Gesù’ hanno notato che piccole scosse elettriche (non percepite dai minori) possono migliore le performance dei piccoli dislessici in fase di lettura. Una ricerca del genere non era mai stata portata avanti nel mondo e per tale ragione è stata pubblicata sull’autorevole magazine Restorative, Neurology and Neuroscience. I ricercatori romani hanno usato una tecnica già sfruttata nella terapia di disturbi come la depressione e l’epilessia focale, ovvero la stimolazione transcranica a corrente diretta. In soldoni, viene trasmessa corrente a basso voltaggio per migliorare la capacità di lettura dei bimbi affetti da dislessia. E’ stato infatti accertato che questi diverse zone cerebrali di quest’ultime non sono molto attive o comunque con un grado di attivazione anomalo. I risultati dello studio sono veramente confortanti in quanto già dopo una settimana dal trattamento i bimbi dislessici leggevano più speditamente e accuratamente. I progressi non sono sfumati dopo un mese dalla cura. Un bel colpo per l’equipe di ricercatori coordinata da Deny Menghini.

Ogni anno, ad ottobre, si celebra la Settimana Europea della Dislessia, occasione utile per sapere di più riguardo a un disturbo che colpisce il 3% dei bimbi italiani. Innanzitutto bisogna sfatare un luogo comune relativo alla dislessia: essere dislessico non significa essere stupido. Insomma, se avete un figlio affetto da tale disturbo non pensate che sia meno intelligente degli altri o abbia deficit cognitivi o sensoriali. La dislessia comporta solo una difficoltà nel momento della lettura: i piccoli, in sostanza, non riescono bene a distinguere le lettere, le parole e le sillabe. Non c’entra nulla, quindi, l’intelligenza. In Italia, comunque, la media dei bimbi dislessici è inferiore a quella mondiale (10%). Secondo recenti stime soffrono di dislessia circa 700 milioni di persone nel mondo. Alcuni studiosi del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca hanno notato che la dislessia porta anche difficoltà nel linguaggio orale. La responsabile dello studio e docente di linguistica, Maria Teresa Guasti, ha spiegato:

“I problemi con il linguaggio orale possono essere evidenziati già in età pre-scolare, a differenza della dislessia, che viene diagnosticata a 8 anni: riconoscerli subito significa mettere in atto un intervento precoce. E’ noto infatti che prima si interviene, migliori sono i risultati”.

Genitori e insegnanti devono fare il possibile per riconoscere presto la dislessia, in quanto i bambini affetti da tale disturbo, chiaramente, sono svantaggiati in classe rispetto ai compagni. Spesso la dislessia non viene riconosciuta in tempo: ciò è un male perché, nella maggior parte dei casi, i dislessici abbandonano gli studi anzitempo. Bisogna perciò riuscire a formare genitori e insegnanti sulla dislessia, perché ogni bimbo che guarisce rappresenta una grande conquista. La risoluzione della problematica, infatti, ha effetti positivi non solo sulla vita del paziente ma anche sul versante sociale ed economico.